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Normativa marijuana e cannabis light

 

C’è ancora molta confusione sul mercato della cannabis light, sia per la poca conoscenza sulle normative del grande pubblico sia per la poca conformità tra le leggi vigenti. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

 

La prima distinzione importante da fare è tra cannabis light, cannabis terapeutica e marijuana

 

 

Distinzione tra cannabis light, cannabis terapeutica e marijuana

cannabis-light-legislazione-italia

La cannabis light è regolamentata dalla legge 242/2016 (“Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”) che riconosce la canapa come una coltura utile per la riduzione dell’impatto ambientale agricolo, del consumo di suolo, della desertificazione e della perdita di biodiversità; è infatti indicata come pianta inseribile nella rotazione per prevenire un eccessivo impoverimento del terreno. 

Questa legge permette anche la coltivazione della canapa sativa finalizzata a diversi scopi e l’impiego dei raccolti in campo alimentare e cosmetico, per produrre semilavorati (fibre, polveri, oli o carburanti ecc), materiali per la pratica del sovescio, materiale destinato alla bioedilizia o alla fitodepurazione e bonifica di siti inquinati, attività didattiche e florovivaismo. 

Per essere a norma di legge la canapa, se campionata, deve presentare una concentrazione di THC (tetraidrocannabinolo) coerente con la normativa nazionale ed europea, ossia rientrare in un 0,2% con tolleranza fino allo 0,6%.

 

 

È importante notare che questa legge non fa chiaro riferimento alle infiorescenze né all’uso più comune che si fa delle stesse. 

La cannabis terapeutica viene regolamentata da alcune linee guida del Ministero della Salute, oltre che dal Decreto del Presidente della Repubblica 309/1990 “Testo unico sugli stupefacenti”. Il prodotto Cannabis FM-2, infiorescenze prodotte dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, è caratterizzato da un livello di THC del 5-8% e dal CBD tra il 7,5% e il 12%. 

Può essere prescritta da qualsiasi medico per qualunque patologia per cui esista letteratura scientifica sui benefici offerti dalla cannabis, tuttavia la rimborsabilità dei farmaci è limitata a chi soffre di: 

«dolore cronico e quello associato a sclerosi multipla oltre che a lesioni del midollo spinale; alla nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV; come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa; l’effetto ipotensivo nel glaucoma; la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette». (DM 9/11/2015)

 

 

Questo decreto ministeriale lascia poi molta autonomia alle singole regioni in termini di rimborsabilità e disponibilità, quindi sul territorio nazionale è possibile assistere a grandi disparità tra pazienti con le stesse patologie. C’è anche da dire che sono molto pochi i medici esperti di cannabis terapeutica, e che molti sanitari ancora hanno forti pregiudizi a prescrivere una terapia di questo tipo ai pazienti, che faticano molto a farsi mettere in lista per ottenere i farmaci e a vivere lunghe attese.

Tutto ciò che non rientra nelle concentrazioni descritte qui sopra di THC è considerato stupefacente e quindi fa capo al Testo Unico del 1990: sono previste sanzioni amministrative se si è trovati in possesso di più di 500 mg di THC (3-5 grammi di infiorescenze, a seconda della concentrazione) con possibili conseguenze quali sospensione o divieto di conseguire documenti personali come il passaporto, la licenza di guida o il porto d’armi. Se si viene fermati alla guida e si viene trovati in possesso di sostanze stupefacenti si va incontro al ritiro immediato della patente e, nel caso in cui il veicolo sia un ciclomotore, questo viene fermato e trattenuto per 30 giorni. 

E, anche se il possesso di cannabis per uso personale di solito ha periodi di sospensione dei documenti più brevi rispetto ad altre sostanze, in caso di reiterazione il Prefetto può richiedere che si segua un percorso riabilitativo presso il SerT di zona (Servizi per le Tossicodipendenze). Chiaramente le sanzioni dipendono dal quantitativo di cannabis riscontrato al controllo.

Inoltre, a prescindere dalla quantità trovata, se ci sono chiari segnali di detenzione ai fini di spaccio (esempio strumenti utili a pesare e confezionare la cannabis), la segnalazione passa al penale e le cose si fanno più serie. 

La concentrazione di tetraidrocannabinolo incide anche in tema di coltivazione personale: senza le dovute licenze, è vietato coltivare cannabis con un livello di THC superiore allo 0,6%.

 

 

Il nuovo decreto sulle erbe officinali

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Nel maggio 2022 è stato pubblicato un nuovo decreto che determina cosa sia erba officinale e possa essere trattato e venduto come tale, che limita l’impiego di canapa in tal senso solo ai semi e ai loro derivati (es. farine). Questo testo (“Criteri e procedure per l'istituzione dei registri delle varietà di specie officinali”) ha riportato quindi infiorescenze, foglie e altre parti della pianta sotto il Testo Unico degli stupefacenti, ponendosi in contraddizione con la legge già nominata 242/2016 e mettendo a rischio tutto l’indotto intorno alla cannabis light e non soltanto, come già contestato dalle associazioni di categoria.

Attualmente (novembre 2022) sono attivi diversi ricorsi al TAR, dopo il primo con esito positivo di settembre lanciato da Canapa Sativa Italia e sostenuto da diverse associazioni, tra cui anche Federcanapa. Il TAR ha chiesto al Ministero della Salute la documentazione scientifica su cui si è basata la decisione, rinviando il procedimento al 25 gennaio 2023. Se questa documentazione risulterà fallace o la decisione basata solo sul principio di precauzione, la giustizia amministrativa annullerebbe immediatamente le disposizioni contestate, anche perché in contrasto con la normativa europea.

Nel frattempo, i buchi normativi sull’uso di infiorescenze pongono i rivenditori e i produttori di cannabis light in condizione di ricevere trattamenti diversi a seconda della sensibilità della Procura della propria zona. È il caso di Luca Marola, proprietario della catena Easyjoint, che proprio a inizio novembre ha visto iniziare il suo processo.

A Parma, la sua città, le infiorescenze di cannabis light sono state equiparate a droga malgrado rispettino i valori di THC previsti dalla legge; questo caso probabilmente farà scuola per molte altre zone, perché ci sarebbero almeno undici altre Procure in attesa di vedere quale sarà l’orientamento del giudizio prima di portare a processo casi analoghi.

 

 

Monopolio sì o no?

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Un’altra importante questione riguarda il come la cannabis light andrebbe commercializzata. 

Dati i numeri registrati in questi primi cinque anni dal settore, non sorprende che il mercato faccia gola a molti. La cannabis light dovrebbe essere messa sotto monopolio come il tabacco, con le annesse restrizioni sulla coltivazione e sulla vendita? 

Dovrebbe essere un prodotto limitato alle tabaccherie, con tutti i vincoli imposti per aprire questo tipo di attività?

Ricordiamo che oggi per aprire  una nuova tabaccheria è necessario rispettare regole molto precise sulla distribuzione territoriale (numero di licenze e distanze minime da attività preesistenti stabiliti a seconda degli abitanti del Comune di riferimento), oltre ad avere la fedina penale libera da certe specifiche condanne. Per ottenere la licenza è necessario non aver riportato condanne contro il patrimonio pubblico o la pubblica amministrazione, non aver subito condanne di reclusione per contrabbando, o in ogni caso superiori a tre anni, non aver mai dichiarato fallimento e non essere stato interdetto in modo perpetuo dai pubblici uffici.

 

 

Al momento il cosiddetto grow shop, come sono chiamati i negozi di cannabis light, non richiedono questo tipo di vincoli, il che secondo alcuni è una forma di concorrenza illecita. 

Anche la produzione agricola vedrebbe un drastico cambio di scenario, con molti più vincoli per le aziende, se la cannabis light fosse equiparata al tabacco.

Con questi quesiti, non rimane che attendere il pronunciamento del Tar e le mosse che ne seguiranno da parte dei Ministeri coinvolti (Salute, Agricoltura, per dirne due) e quale posizione prediligerà il governo: avrà la meglio la visione proibizionista che paragona la cannabis light all’eroina, oppure si preferirà tutelare la libertà d’impresa delle oltre 800 aziende agricole e le 2000 attività di rivendita aperte negli ultimi cinque anni?

Solo il tempo potrà dirlo.