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Renato Carosone, storia del famoso cantante napoletano

 

Renato Carosone è stato un mito del suo tempo che ha segnato in eterno il nostro. Perché non a tutti piace la canzone napoletana, ma cantata da Carosone ha un altro sapore. Non tutti credono che un jazzista possa esaltare ogni stile, ma Carosone sapeva farlo.

 

Per conoscere meglio questo cantautore bisogna conoscere la sua Napoli, ma anche le influenze che lo hanno portato ad assaporare i primi generi musicali per poi mescolarli e tramutarli in una "nuova" canzone napoletana. "Il mio primo vagito fu in La" diceva Carosone di se stesso. Perché la musica, tutta, era sua madre.

 

 

La musica come madre

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Non era un modo di dire. La mamma di Renato (nato Carusone, il 3 gennaio 1920) morì quando lui aveva solo 7 anni lasciandolo con il padre e due fratelli più piccoli. Per superare questo grande dolore, il bambino si rifugiò nella musica, e precisamente suonando un vecchio pianoforte appartenuto alla madre. Dato il talento già evidente, però, il padre - impresario di teatro - volle fargli prendere lezioni di musica da un vero maestro.

Sotto la guida di Vincenzo Romaniello e di Celeste Capuana, Renato si immerse totalmente in quel mondo magico che era la sua musica. A soli 14 anni compose la sua prima canzonetta (Trik Trak) per pianoforte e a 15 venne assunto presso la compagnia dell'Opera dei Pupi per eseguire le colonne sonore degli spettacoli. Riuscì a diplomarsi in pianoforte all'età di 17 anni, uno dei più giovani di Napoli.

 

L'Africa, l'amore, la guerra

Non ancora diciottenne partì per una tournée africana con la compagnia ma in Eritrea, a fine spettacolo, il gruppo si sciolse. Renato - che aveva cambiato il nome in Carosone - decise però di rimanere e si stabilì ad Asmara. Qui conobbe una ballerina veneziana - Lita Levidi - in tour con un'altra compagnia e se ne innamorò. Si sposarono solo pochi mesi dopo e nel 1939 nacque il loro figlio Giuseppe.

Nel 1940, allo scoppio della guerra, Carosone fu chiamato sotto le armi in Somalia ma la sua fortuna fu che quei territori furono subito occupati dagli Inglesi e lui fu assunto come direttore del teatro di Asmara, vivendo la guerra praticamente da lontano. Nel 1946, a fine conflitto, tornò in Italia con la famiglia.

 

 

Il successo del Trio Carosone

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Nel 1949 Carosone trovò lavoro presso un locale nuovissimo del centro di Napoli, lo Shaker Club. Ingaggiò come band il chitarrista olandese Peter Van Wood e il batterista napoletano Gegé Di Giacomo. Pur non avendo tutti gli strumenti per esibirsi, riuscirono ugualmente a ottenere un successo enorme proprio giocando sull'auto ironia.

Il Trio Carosone divenne la band giovanile più richiesta di Napoli ma non riceveva altrettanti apprezzamenti dalla critica. Le case discografiche rifiutavano continuamente i loro provini, almeno finché il fortunato incontro con la Pathé gli consentì di pubblicare il primo disco Oh Susanna, nel 1950. Dopo la partenza di Van Wood per gli Stati Uniti il Trio si sciolse per tornare, però, poco dopo ricostituito come quartetto con l'arrivo di Elek Bacsic e Ray Martino prima, poi con Franco Cerri e Piero Giorgetti. Ammessi a Sanremo nel 1954 si classificarono terzi.

 

Il successo mondiale

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Fu però con la canzone Maruzzella che il pubblico italiano scoprì Carosone e la sua orchestra. La band, infatti, era sempre in continua trasformazione ma ogni canzone che produceva o reinterpretava era un successo clamoroso. Dopo Maruzzella, infatti, divennero delle hit anche Anema e Core, la rivisitazione di Malafemmena di Totò, E la barca tornò sola, la rivisitazione de La donna riccia di Modugno, Ricordate Marcellino.

L'arrivo di un nuovo paroliere, NISA (Nicola Salerno) avviò la produzione di una discografia generosa e indirizzata a un pubblico più ampio, anche fuori dai confini italiani. Sono i tempi di Tu vuò fa' l'Americano, Chella là, Pericolo Numero Uno, A Sunnambula, Pigliete na Pastiglia. Il successo lo porterà a fare tournée in America del Nord, in Sud America, in Africa, in Oriente.

 

 

Fuori dalle scene

Fu però proprio al culmine di questo successo, nel 1960, che Renato Carosone decise di ritirarsi dalle scene. Un annuncio che lasciò il pubblico sotto shock e nessuno seppe darne una spiegazione valida. Col senno di poi, tuttavia, è chiara quale fu la scelta dell'artista.

Tra il 1960 e il 1975 Carosone continuò a suonare, nei teatri, per un pubblico minore ma non meno affezionato. Voleva dunque dedicarsi solo alla musica senza il clamore della TV e dei successi di tournée. A metà anni Settanta decise di tornare a farsi vedere in televisione, e il successo non era minimamente scemato.

La sua produzione musicale e di spettacolo continuò fino al 1993, anno in cui un ictus lo costrinse a diminuire gli impegni. Morì il 20 maggio 2001 nella sua casa di Roma, lasciando in eredità un patrimonio musicale di successo che dura ancora oggi.