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Come funziona un dissalatore marino utilizzando l’osmosi inversa

 

Un dissalatore marino è un dispositivo il cui compito è privare del sale l’acqua proveniente dal mare. Il problema della dissalazione viene affrontato dal genere umano sin dai tempi più remoti, e nel corso dei secoli molte sono state le soluzioni proposte dall’uomo.

 

 

Si va dall'ebollizione dell’acqua di mare per dividerla dal sale, alla costruzione di primi impianti primitivi per poi giungere alle più moderne macchine da dissalazione.

Circa un settantennio fa il genio umano ha compreso di poter utilizzare un processo molto particolare per riuscire a dividere acqua e sale, ovvero l’osmosi inversa.

Con questo articolo guida, spieghiamo nel dettaglio tutto quello che occorre sapere su come funziona un dissalatore marino utilizzando l’osmosi inversa.

 

Il processo di osmosi

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Per capire a fondo il funzionamento di dissalatori per l'acqua del mare, si deve partire dall’analisi del processo di osmosi, ovvero di quel fenomeno naturale (che di norma avviene in molti organismi viventi) per il quale un solvente tipo l’acqua riesce a filtrare da una membrana semipermeabile.

Tale membrana però funge da scudo per il passaggio del soluto (come ad esempio il sale). L’osmosi naturale avviene per tenere in equilibrio due liquidi con stadio di salinità differente, dal momento che il fluido con meno soluto oltrepassa la membrana e compensa la parte di fluido in cui c’è più soluto.

Così facendo la concentrazione salina dei due fluidi diventa la stessa (o quasi). Dalla spiegazione appena data possiamo ricavare il concetto di osmosi inversa: ovvero quel fenomeno artificiale che separa il fluido dal soluto.

 

 

Il dissalatore marino e il rapporto con l’osmosi inversa

dissalatore-marino-osmosi-inversa

Nell’osmosi inversa viene utilizzata l’alta pressione per far sì che il liquido che contiene soluto riesca ad oltrepassare la membrana semipermeabile.

Quest'ultima a sua volta nata per bloccare il passaggio del soluto, anziché permettergli il passaggio lo blocca, fungendo da filtro e separando dal fluido. Così facendo non si ottengono due soluzioni bilanciate, ma un fluido libero da soluto e l’estrazione del soluto stesso.

Sulla falsariga di questo funzionamento, si pone in essere un dissalatore marino, dove appunto il fluido è rappresentato dall’acqua di mare e il soluto dal sale marino. Attraverso l’uso delle cosiddette membrane osmotiche, il sale si divide dall’acqua di mare privando così dei sali minerali e rendendola potabile.

Sono sempre le membrane osmotiche a permettere che tutte le micro-particelle contenute nell’acqua possono essere divise dall’acqua stessa (il che vale anche per batteri e micro plastiche) facendo sì che la stessa sia bevibile.

Per fare in modo che l’osmosi inversa funzioni bene, è importante avere una pressione molto alta, per cui viene orientata intorno agli 800 psi. In un dissalatore marino, tutto ciò viene consentito dall’uso di pompe ad alta pressione (di cui è comunque doveroso evidenziare ben due inconvenienti, ovvero consumano molta energia e producono molto rumore e vibrazioni).

In molti impianti però sono state implementate delle tecniche volte a ridurre il consumo di energia. È stato infatti posto in essere un sistema  innovativo, il cui obiettivo è quello di integrare nei propri dissalatori: l’Energy Recovery System (anche noto con l’acronimo ERS).

Con l’ERS viene favorita la spinta, ma utilizzando una pompa a bassa pressione, senza rinunciare ad un rendimento energetico elevatissimo.

Le aziende che hanno provato questo nuovo sistema, si sono rese conto che a parità di condizione, il consumo tipico di un dissalatore a bassa pressione in piena attività è di soli 4 Watt/litro (inferiore dell’80% rispetto alle macchine tradizionali).

Anzi, proprio perché non si usano le pompe ad alta pressione, gli impianti ERS producono poche vibrazioni e sono estremamente silenziosi.

 

 

Come funziona un dissalatore marino nel dettaglio

L’osmosi inversa è il cuore pulsante di un impianto di dissalazione marina. Il suo funzionamento si basa sulla suddivisione di fasi e schemi:

  • Si parte da una pompa che immessa nel mare aspira l’acqua salata. Ovviamente parliamo di una pompa a bassa pressione;

  • In seconda battuta, si utilizza un filtro per effettuare la prima filtrazione grossolana dell’acqua, ripulendola dalle impurità maggiori. Questo per evitare che residui più grandi possano bloccare e danneggiaredanneggiare il meccanismo del dissalatore o le membrane osmotiche (sabbia, sedimenti, microplastiche ecc.);

  • Che si tratti di pompa ad alta o a bassa pressione, questa spinge l’acqua contro la membrana osmotica, al fine di permetter la separazione tra acqua dolce e acqua salmastra. L’acqua salmastra, ritorna poi all’interno della pompa per innescare il meccanismo di energia idraulica, ed essere di nuova scaricata in mare. Di contro l’acqua dolce viene inviata al serbatoio;

  • Sono le membrane osmotiche a porre in essere  l’osmosi inversa, dividendo l’acqua dal sale e generando acqua potabile;

  • Nel serbatoio viene mantenuto l’acqua dolce, per poi farla confluire verso i punti di consumo attraverso l’autoclave di bordo. Da qui in poi essa potrà essere bevuta, usata per la doccia, per lavare le stoviglie e così via. Si consiglia in ogni vado di applicare un filtro aggiuntivo sul rubinetto della cucina destinato all’ erogazione dell’acqua potabile.